Conosci Torino?

UNA VOLPE CHIAMATA VITTORIOSeconda puntata

Riassunto della puntata precedente. Nel corso della guerra di successione spagnola, Riccardo, paggio alla Corte di Vittorio Amedeo II di Savoia, diventa ufficiale del Duca. Combatte con coraggio, alimentando il suo sogno d'amore: il matrimonio con la contessina Giselda. Riceve da un mago una pietra in grado di renderlo invisibile, ma la situazione pare precipitare. Il Duca sabaudo dichiara guerra al potentissimo re di Francia...

Intanto, nel suo castello, il Re Sole meditava la vendetta: Ah, ah! Le mie truppe stanno per assedia re Torino. Ah, ah! Faremo una bella caccia a quella volpe di Vittorio Amedeo e le strapperemo la coda!

Permettetemi, Sire - disse una dama di compagnia - cos'è un assedio?

Il Re non la degnò di uno sguardo e se ne andò. Un nobile della corte si avvicinò alla dama e le disse: L'assedio è un modo infallibile per rendersi padroni di città e fortezze. Si circonda la città scavando delle trincee, che sono delle fosse lunghe e profonde protette da fascine e da pali di legno. Le trincee impediscono che i cittadini e i soldati possano allontanarsi dall'abitato. Servono anche per proteggere i cannoni, con i quali si comincia a sparare cannonate contro le mura della città. Il nemico assediato cerca di difendersi ma, dopo un po' di tempo, per mancanza di acqua, di viveri o di esplosivi è costretto ad arrendersi. Qualche volta si riesce anche a rompere le mura con le cannonate, allora l'esercito entra ed i soldati rubano, picchiano, incendiano le case. L'assedio è un avvenimento terribile.

La dama sospirò e disse: - Sì, ma noi l'assedio di Torino lo vinceremo!

L'armata francese avanzò verso Torino e Riccardo, diventato capitano, fu chiamato con la sua compagnia a difendere la città.

Anzi, visto il suo valore, fu nominato comandante di una compagnia delle guardie del Duca. Andava molto fiero della sua uniforme: era bella, blu e rossa e - sulla testa - portava un colbacco, cioè un berretto di pelo con la coccarda azzurra: il colore del duca. I nuovi calzoni non gli permettevano di mettere la pietra magica in tasca e la sistemò nella borsa di cuoio che portava a tracolla.

I francesi iniziarono ad assediare Torino e a sparare violente cannonate. Ma i cittadini e i militari del Duca erano decisi a battersi come leoni. Dalle profonde gallerie della Cittadella i minatori attivavano delle mine che facevano saltare in aria i cannoni dei francesi rallentandone l'avanzata. A metà dell'estate la volpe chiamata Vittorio ebbe un'idea geniale. Uscì dalla città con la cavalleria e volle con sè una squadra di guardie comandata da Riccardo.

I nemici li inseguirono, ma non riuscirono mai a prenderli. Intorno alla città l'assedio proseguiva e la bella Giselda aveva trovato ospitalità da parenti che abitavano in una zona sicura, non raggiungibile dalle cannonate. Cuciva, ricamava, pregava e pensava a Riccardo.

Intanto il duca Vittorio aveva ricevuto una bella notizia: suo cugino il Principe Eugenio di Savoia, famoso comandante, era giunto in aiuto della città assediata con un forte esercito dell'imperatore Leopoldo, ora alleato di Vittorio. I due cugini si erano incontrati in un prato vicino al Po e si erano abbracciati con forza. Poi avevano deciso di salire sulla collina di Superga per capire bene come vincere il nemico. Dall'alto avevano osservato la città, le posizioni e i movimenti dei francesi.

Così avevano potuto stabilire dove sarebbe avvenuta la battaglia e si erano preparati allo scontro. La mattina del 7 settembre l'esercito del duca Vittorio Amedeo e quello del Principe Eugenio si disposero di fronte alle truppe francesi ed iniziò la battaglia.

La scena era impressionante: si sentivano il rombo delle cannonate, il sibilo delle fucilate, le urla dei feriti. L'aria era annebbiata dal fumo degli spari. Riccardo combatteva con coraggio, senza perdere d'occhio il suo sovrano.

A un certo punto vide un soldato francese, gigantesco, che si avvicinava alla spalle del duca, pronto ad aggredirlo. Allora aprì la borsa di cuoio, strinse forte con la mano sinistra la pietra che aveva avuto dal mago, disse: «Stermastermà» e divenne invisibile. Così si avvicinò senza pericolo al francese e lo mise fuori combattimento. Mentre usava la sciabola, aveva sentito che la pietra si stava sciogliendo e aveva capito di essere tornato visibile. Vittorio si rese subito conto che il giovane ufficiale lo aveva salvato e gli disse: Ti devo la vita. Voglio ricompensarti, chiedimi cosa vuoi...posso darti uno scrigno di monete d'oro, posso nominarti colonnello, posso...

Fu interrotto dal grido di un soldato a cavallo: Sire, abbiamo vinto. I soldati del Re Sole si stanno ritirando, anzi, scappano come delle lepri...

Gli occhi del Duca brillarono e disse a Riccardo: Allora, che premio vuoi?

Il giovane capitano arrossì un poco e rispose d'un fiato: Vorrei sposare una nobile vostra parente, la contessina Giselda.

Vittorio esclamò: - E sia, ti nominerò conte della Vittoria e Giselda sposerà un eroe!.

Sul campo vi erano soldati uccisi e feriti.

A Riccardo scappò una lacrima, che asciugò subito con il dorso della mano, perchè un capitano non deve mai far vedere che piange.

Il duca attraversò a cavallo il campo di battaglia e incontrò il Principe Eugenio,. Dopo le congratulazioni, si prepararono all'ingresso in città.

Le campane suonavano a distesa, in lontananza si sentivano sparare i cannoni del duca: gli artiglieri festeggiavano la vittoria.

Il corteo entrò in Torino tra la folla che applaudiva. Giunti davanti alla cattedrale, Riccardo vide una ragazza bionda con gli occhi azzurra, era Giselda. Uscì dal gruppo di soldati, si avvicinò e lei, la prese per mano e si allontanarono dalla folla.

Camminavano verso il tramonto che tingeva d'oro alcune case semidiroccate della città. Riccardo pensò al Re Sole di Francia: anche lui era tramontato davanti a Torino.

La volpe chiamata Vittorio l'aveva sconfitto.

Piergiuseppe Menietti