I racconti di Valeria

Chiusi dentro

Valeria Amerano

Giornate spalancate
sul vuoto delle ore
casa guscio carcere
fuori la paura
dell’aria, degli altri, delle cose.
Ovunque s’annidi il virus.
E ricordiamo con nostalgia
la noia libera e serena
delle giornate sane
quando soltanto ci avvelenava
l’inquinamento
e per non saper che fare
indossavamo scarpe e cappotto
per andare a distrarci
facendo nella folla
quattro passi.

Virus

Valeria Amerano

L'acquario

di Valeria Amerano

So che questo articolo susciterà obiezioni, forse disappunto e qualche polemica; ma avendo insegnato parecchi anni nella scuola primaria statale e conoscendone le difficoltà, voglio descrivere quanto mi è accaduto di osservare in una località della riviera ligure durante una breve vacanza.

Un povero

di Valeria Amerano

Guardava passare i treni per non ricordare che più nessuno l’aspettava.
Se gli si fosse appiccicato un cane, non lo avrebbe scacciato. Gli sarebbe sembrato un dono del destino, una di quelle coincidenze che fanno incontrare le persone in viaggio nella stessa carrozza, ma con meno formalità. Col cane sarebbe stata subito una questione di solitudine e di odori. Abbastanza per capirsi senza galateo e farsi compagnia. Pedro o Pancio lo avrebbe chiamato, se gli fosse capitato tra i piedi.

Porta Palazzo

La Poesia di Valeria Amerano fa parte della raccolta antologica “Sguardi diversi- Poesia in Borgo Dora e Porta Palazzo", un progetto e un lavoro di collaborazione tra associazioni e cittadini amanti della poesia e di Porta Palazzo e Borgo Dora.

Il telefono a muro

di Valeria Amerano

Si teneva un piccolo consiglio di famiglia per decidere dove piazzarlo, in genere nell'ingresso, nel luogo meno indicato, a ben vedere, perché la tromba della scala avrebbe fatto da amplificatore alle conversazioni più concitate. Ma l'ingresso di un appartamento, in tempi in cui s'ignorava l'open space o il living, era anche il posto più facilmente raggiungibile da qualsiasi stanza e vicino alla porta di accesso, per arrivare in fretta a rispondere sentendo il trillo imperioso dall'ascensore. Parlo del telefono a disco fissato al muro, non già del modello più moderno poggiato a tavolino, dov'era consentito parlare più a lungo accomodati su una poltroncina.