di Renzana Gallo
Ma prof….cos’è “l’Alternanza”?
La Legge 13 luglio 2015, n. 107, recante “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”, ha inserito nell’offerta formativa di tutti gli indirizzi di studio della scuola secondaria di secondo grado, e quindi nei curricoli scolastici, una strategia didattica definita Alternanza Scuola Lavoro, nella quale si alternano ore di lezione svolte a scuola a periodi trascorsi in contesti lavorativi attinenti al profilo educativo del corso di studi, con la finalità di incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti.
In realtà “l’alternanza” non è una novità nel nostro sistema educativo, essendovi entrata già nel 2003 con la Legge n. 53, e il successivo decreto attuativo, 15 aprile 2005, n. 77. Tali norme intendevano già l’alternanza come una modalità di realizzazione dei corsi del secondo ciclo per assicurare ai giovani, oltre alle conoscenze di base, anche l’acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro alternando periodi in aula ad altri svolti in contesti lavorativi.
Tale forma era però ben chiara e definita quasi esclusivamente negli istituti tecnici e professionali; in particolare, in questi ultimi, era presente proprio un’area professionalizzante (la cosiddetta Terza area) che prevedeva un progetto molto strutturato nel quale comparivano sia ore strettamente attinenti al profilo professionale da svolgersi in aula, sia un cospicuo monte ore in azienda o presso enti.
Il ruolo dell’alternanza scuola lavoro è stato poi successivamente confermato e consolidato con i Regolamenti del 2010 relativi ai nuovi ordinamenti degli istituti professionali, degli istituti tecnici e dei licei e, in particolare, nelle linee guida per il secondo biennio e il quinto anno, che sottolineano che “Con l'alternanza scuola lavoro si riconosce un valore formativo equivalente ai percorsi realizzati in azienda e a quelli curricolari svolti nel contesto scolastico. Attraverso la metodologia dell'alternanza si permettono l'acquisizione, lo sviluppo e l'applicazione di competenze specifiche previste dai profili educativi, culturali e professionali dei diversi corsi di studio”.
Un successivo consolidamento della metodologia dell’alternanza è stato apportato dal D.L. 12 settembre 2013, n. 104 che ha rafforzato la collaborazione tra scuola e mondo del lavoro potenziandola con lo sviluppo dell’orientamento, rivolto a studenti iscritti all’ultimo anno, per facilitare loro la scelta consapevole del successivo percorso di studio e favorire la conoscenza delle opportunità e degli sbocchi occupazionali, definendo, al contempo, la Carta dei diritti e dei doveri degli studenti della scuola secondaria di secondo grado.
La Legge 13 luglio 2015, n.107, ha infine, come già accennato, inserito organicamente questa strategia didattica nell’offerta formativa di tutti gli indirizzi di studio della scuola secondaria di secondo grado. Essa stabilisce che ciascuna scuola, dall’a.s. 2015/16 è chiamata a strutturare un progetto di alternanza scuola lavoro, articolato su tre anni, che vede impegnati gli studenti delle classi 3ª, 4ª e 5ª ed è caratterizzato da un monte ore complessivo e obbligatorio pari ad almeno 400 ore negli istituti tecnici e professionali e ad almeno 200 ore nei licei.
Ma prof… ci spiega quali sono le finalità?
Sicuramente con questa esperienza si cerca di attuare una modalità di apprendimento più flessibile e che colleghi in modo sistematico la formazione in aula con un'esperienza più strettamente operativa, arricchendo quindi la formazione degli studenti con l'acquisizione di competenze spendibili anche nel mondo del lavoro e favorendo, al contempo, un loro orientamento che valorizzi le vocazioni personali, gli interessi e gli stili di apprendimento individuali.
Inoltre, l’attività di alternanza contribuisce alla realizzazione di un organico collegamento tra le istituzioni scolastiche, il mondo del lavoro e la società civile, correlando quindi l'offerta formativa della scuola allo sviluppo culturale, sociale ed economico del territorio.
“Fare alternanza” significa quindi svolgere stage fuori dalla scuola?
La struttura dell’alternanza scuola lavoro è ben più complessa. Si articola infatti in periodi di formazione in aula e periodi di apprendimento mediante esperienze di lavoro.
La formazione può riguardare l’orientamento, con tematiche strettamente legate alla persona ed alle scelte future e quindi all’importanza delle soft skill e la loro influenza nei differenti settori lavorativi, e aspetti più pratici come redigere un curriculum vitae, individuare i canali per presentarlo e come ci si prepara ad un colloquio di lavoro. La formazione può essere relativa anche agli aspetti contrattuali, utile in tutte le tipologie di scuola e, in particolare, negli istituti tecnici e professionali i cui studenti sono principalmente indirizzati, alla fine del corso di studi, alla ricerca di un lavoro. Ciascuna scuola può poi aggiungere, in base alla propria offerta formativa, tipologie diverse di corsi di formazione. Tutte sono però tenute e fornire formazione in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, secondo quanto disposto dal relativo D.lgs. 81/2008, “Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro”, poiché gli allievi, all’interno degli enti ospitanti, sono equiparati a lavoratori e, pertanto, soggetti a tutte le indicazioni presenti in tale normativa.
Possono rientrare sempre nelle attività di alternanza anche le visite didattiche di settore nonché la partecipazioni a particolari progetti che prevedono la collaborazione fra scuole ed enti, aziende, associazioni di categoria, organizzazioni di volontariato, ecc., da svolgersi in parte presso le sedi, in parte a scuola, con una partecipazione operativa da parte degli studenti.
Ciascuna scuola deve quindi progettare accuratamente, in una dimensione triennale, questi percorsi di alternanza, affinché contribuiscano a sviluppare le competenze richieste dal profilo educativo, culturale e professionale del corso di studi. Ed è proprio in questo percorso che trova la sua collocazione il concetto di competenza, intesa come «comprovata capacità di utilizzare, in situazioni di lavoro, di studio o nello sviluppo professionale e personale, un insieme strutturato di conoscenze e di abilità acquisite nei contesti di apprendimento formale, non formale o informale».
Un altro momento significativo risulta essere l’attività di rielaborazione, da parte degli studenti, dell’intera esperienza di alternanza scuola lavoro che potrà, ad esempio, essere strutturata sotto forma di relazione, di una struttura auto-valutativa con la quale individuare le capacità e le competenze che si ritiene di aver acquisito, di un questionario di soddisfazione nel quale gli studenti sono chiamati a dare un giudizio sull’ente che li ha ospitati sia per quanto riguarda la tipologia della attività svolta sia per gli aspetti relazionali e organizzativi.
In particolare, il processo auto valutativo va inteso come momento di profonda riflessione, attraverso il quale lo studente è chiamato a dare un giudizio non solo sul livello delle conoscenze e delle competenze di settore acquisite ma anche su quelle legate alle abilità personali e relazionali quali, ad esempio, la capacità di lavorare in gruppo, comunicare con figure diverse e in ambienti nuovi, organizzare il proprio lavoro in modo autonomo e responsabile, rispettare gli orari di lavoro e gestire il tempo, la capacità di risolvere problemi e assumere compiti e iniziative autonome.
Ma prof… allora diventiamo lavoratori?
Assolutamente no! Ai ragazzi rimane lo status di studente poiché l’alternanza va intesa come una metodologia didattica che non costituisce un rapporto di lavoro. Certo è che quando svolgono attività presso gli enti ospitanti, come già accennato sopra, gli studenti sono equiparati a lavoratori e, pertanto, le scuole hanno il compito di organizzare corsi di formazione in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
È inoltre prevista l’emanazione di un regolamento all’interno del quale sarà definita la “Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola lavoro”, con la possibilità, per lo studente, di esprimere una valutazione sull’efficacia e sulla coerenza dei percorsi con il proprio indirizzo di studio. In attesa è bene che le scuole monitorino comunque, per esempio attraverso sondaggi di soddisfazione, tutta l’attività e, in particolare, quella svolta all’esterno; infatti, proprio dal confronto fra il giudizio dello studente con quello del tutor interno, sulla base del potenziale formativo e delle eventuali difficoltà incontrate nella collaborazione, la scuola potrà decidere se continuare tale collaborazione in futuro.
Chi è il tutor interno?
È un docente della scuola, solitamente impegnato sulla classe, che elabora insieme al tutor esterno il percorso formativo personalizzato, sottoscritto dalle parti coinvolte (scuola, struttura ospitante, studente/genitori o affidatari), e segue quindi gli studenti in tutto il percorso svolto in stage/tirocinio. È quindi impegnato a gestire le relazioni con il tutor esterno, monitorando le attività e affrontando le eventuali criticità che dovessero emergere. Infine, come già accennato, valuta gli obiettivi raggiunti e le competenze che progressivamente gli studenti hanno sviluppato.
E il tutor esterno?
Il tutor esterno rappresenta la figura di riferimento dello studente all’interno della struttura ospitante ed assicura il raccordo tra questa e la scuola. Esso svolge principalmente le seguenti funzioni: collabora con il tutor interno nella progettazione, nell’organizzazione e nella valutazione dell’esperienza di alternanza, favorisce l’inserimento dello studente nel contesto operativo, lo affianca e lo assiste nel percorso, gli garantisce l’informazione e la formazione sui rischi specifici aziendali, pianifica ed organizza le attività in base al progetto formativo, lo coinvolge nel processo di valutazione dell’esperienza e, infine, fornisce all’istituzione scolastica gli elementi concordati per valutare le attività dello studente e l’efficacia del processo formativo.
Ma prof… si va solo in aziende? E noi liceali?
Per lo svolgimento di percorsi in alternanza esiste la possibilità di stipulare convenzioni non solo con aziende, imprese, ma anche con ordini professionali, enti che svolgono attività afferenti al patrimonio artistico, culturale e ambientale (musei e altri luoghi della cultura), con enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI nonché con organizzazioni e associazioni di volontariato.
Ma dobbiamo andarci anche d’estate?
Le attività da svolgersi all’esterno della scuola possono essere realizzate sia durante l’anno sia in periodi di sospensione delle lezioni, eventualmente anche all’estero.
E se siamo stati assenti durante queste attività?
Ai fini della validità del percorso di alternanza è necessario che lo studente abbia frequentato per almeno tre quarti del monte ore previsto dal progetto.
In particolare, nell’ipotesi in cui i periodi di alternanza si siano svolti durante l’attività didattica, la presenza dell’allievo registrata nei suddetti percorsi va computata sia ai fini del raggiungimento del limite minimo di frequenza, pari ad almeno tre quarti dell’orario annuale personalizzato, sia ai fini del raggiungimento del monte ore previsto dal progetto di alternanza.
Qualora, invece, i periodi di alternanza siano svolti, del tutto o in parte, durante la sospensione delle attività didattiche, ad esempio nei mesi estivi, fermo restando l’obbligo di rispetto del limite minimo di frequenza delle lezioni, è richiesta la frequenza di almeno tre quarti del monte ore previsto dal progetto.
Ma prof… alla fine come saremo valutati?
Purtroppo, ad oggi, questa è la parte ancora meno strutturata di tutto il percorso.
Se infatti la normativa vigente fa espressamente richiamo all’attenzione che si deve porre attraverso una osservazione strutturata che guardi non solo le competenze di settore ma anche le competenze trasversali legate agli aspetti caratteriali e motivazionali della persona, e che analizzano quindi anche gli atteggiamenti ed i comportamenti dello studente in un contesto lavorativo, nella realtà sulla valutazione le scuole hanno ricevuto per ora soltanto indicazioni di massima e non strettamente vincolanti, sebbene tali indicazioni siano comunque in coerenza con quelle contenute nel decreto legislativo relativo al Sistema Nazionale di certificazione delle competenze, e successive integrazioni.
In particolare la scuola dovrà elaborare una descrizione delle competenze attese al termine del percorso, prevedere un accertamento delle competenze in ingresso, definire in che modo e con quali tempi monitorare i progressi degli studenti, verificare i risultati conseguiti nelle fasi intermedie e accertarsi, infine, delle competenze acquisite alla fine del ciclo.
Nella realtà operativa delle scuole e, in particolare negli istituti professionali e tecnici che hanno elaborato negli anni propri sistemi di valutazione, per ora gli esiti delle esperienze di alternanza risultano valutati secondo modalità e strumenti diversi e adattabili al percorso svolto come, ad esempio, prove esperte, schede di osservazione, i diari di bordo.
A conclusione dell’anno scolastico, gli esiti delle attività di alternanza concorrono alla valutazione finale sia per la loro ricaduta sugli apprendimenti disciplinari e sul voto di condotta sia per l’attribuzione dei crediti (ai sensi del D.M. 20 novembre 2000, n. 429), in coerenza con i risultati di apprendimento in termini di competenze acquisite coerenti con l’indirizzo di studi frequentato (ai sensi dei DD.PP.RR. nn. 87, 88 e 89 del 2010 e delle successive Linee guida e Indicazioni nazionali allo scopo emanate).
La valutazione del percorso in alternanza diventa quindi parte integrante della valutazione finale dello studente ed incide sul livello dei risultati di apprendimento conseguiti nell’arco del secondo biennio e dell’ultimo anno del corso di studi.
Le istituzioni scolastiche devono includere infine le esperienze condotte in regime di alternanza nella valutazione delle competenze nell’ambito dell’Esame di Stato.
In particolare per quest’ultimo, fatte salve le eventuali future modifiche, è previsto che le commissioni predispongano la terza prova scritta tenendo conto anche delle competenze, conoscenze ed abilità acquisite dagli allievi e certificate congiuntamente dalla scuola e dalla struttura ospitante, nell’ambito delle esperienze condotte in alternanza.
I risultati finali della valutazione vengono quindi sintetizzati in una certificazione finale.
E a cosa ci servirà questa certificazione?
La certificazione delle competenze attesta la valenza formativa del percorso che avete svolto, offrendo al contempo indicazioni sulle vocazioni, gli interessi e gli stili di apprendimento con una forte funzione di orientamento. Essa può facilitare la mobilità, sia ai fini della prosecuzione del percorso scolastico o formativo, sia per gli eventuali passaggi tra i sistemi, ivi compresa l'eventuale transizione nei percorsi di apprendistato e favorire l’occupabilità, mettendo in luce le competenze spendibili anche nel mercato del lavoro. Infine la certificazione promuove l'auto-valutazione e l'auto-orientamento, in quanto consente allo studente di conoscere, di condividere e di partecipare attivamente al conseguimento dei risultati.
Da tempo il Parlamento Europeo e la Commissione Europea stanno lavorando sul tema della trasparenza dei titoli di studio e delle qualifiche e, in attuazione degli impegni assunti dall’Italia in sede europea, il D.lgs. 6 gennaio 2013, n. 13 indica le norme generali e i livelli essenziali delle prestazioni per l'individuazione e la validazione degli apprendimenti non formali e informali e gli standard minimi di servizio del sistema nazionale di certificazione delle competenze, anche in funzione del riconoscimento in termini di crediti formativi in chiave europea.
I modelli di certificazione, elaborati e compilati d’intesa tra scuola e soggetto ospitante, devono fare riferimento proprio agli elementi minimi di attestazione previsti dal suddetto decreto e devono riportare i riferimenti alla tipologia e ai contenuti dell’accordo che ha permesso il percorso in alternanza, le competenze acquisite, i dati relativi ai contesti di lavoro in cui lo stage/tirocinio si è svolto, le modalità di apprendimento e valutazione delle competenze ed, eventualmente, la lingua utilizzata nel contesto lavorativo (per quelli svolti all’estero).
Sarà infine compito di ciascun studente compilare il proprio curriculum vitae, da inserire nel Portale Unico dei dati della scuola, previsto dalla Legge 107/2015.
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