Dialogo con Walter Ferrarotti

Poco prima di Natale, la perdita improvvisa dell'amico Walter Ferrarotti ha attraversato il mio tempo come un colpo di fulmine.

Ad una certa età, i lutti ti bucano la vita. Sono come il vento di autunno che sveste l'albero, "...fin che'l ramo vede alla terra tutte le sue spoglie...".

Poi, dopo il primo smarrimento, senti che un modo per elaborare il lutto può essere quello di ripercorrere le esperienze di vita trascorse insieme a chi non è più. Allora il dolore si fa ricordo, fino a stemperarsi in uno scenario di dolci e commosse memorie. Allora recuperi le tappe, le consuetudini, le lunghe frequentazioni.

Gli studi comuni dell'adolescenza, la ricerca del lavoro, i viaggi, le ferie, i figli cresciuti insieme, le escursioni in montagna, i momenti conviviali coi vecchi compagni di scuola, le conversazioni, soprattutto le conversazioni, di cui si nutrivano le frequenti lunghe passeggiate domenicali tra Langhe e Monferrato. In questa sede vorrei ricordare le conversazioni sul mondo della scuola che è stato per entrambi, per quanto esercitassimo ruoli diversi, la più importante ragione di vita. Se fossero stati registrate e trascritte, occuperebbero uno spazio non indifferente. Mi sembra importante questo argomento per una riflessione sulla scuola di ieri e di oggi oltre che per una mia personale catarsi.

Cercherò di sintetizzarlo e di razionalizzarlo nell'economia di un articolo, mentre, ovviamente, le nostre conversazioni seguivano il ritmo dell'occasionalità e dell'improvvisazione.

Scuola e alunni di ieri e di oggi

Walter ed io venivamo, entrambi, dal mondo della campagna. La cultura contadina, l'intelligenza delle mani, gli orizzonti precisi e saldi della nostra infanzia, l'ambiente di vita lontano anni luce dall'attuale, ci riempivano di nostalgia. Nessuno di noi era così ingenuo da credere o anche solo auspicare la possibilità di un ritorno al passato. Ci si interrogava se alcune costanti di allora fossero ancora utili per aiutarci a pensare ad un futuro migliore.

Le nostre scuole di paese - intendo le scuole elementari - erano quanto di più distante si potesse immaginare anche dalla vita quotidiana di allora. La pedagogia positivista del periodo a cavallo tra otto e novecento non aveva sfiorato la didattica dei nostri insegnanti e quel poco di tradizione gabelliana era stato spazzato via dal nuovo verbo neo-idealista, senza peraltro lasciarvi impresse le pur valide istanze della fecondità creativa del pensiero gentiliano trasmesso alla scuola dalla lezione di Lombardo Radice. Era la nostra una scuola nozionistica, astratta e arida. Era soprattutto mia questa analisi a tinte fosche, segnato come ero da una esperienza di scuola elementare particolarmente negativa.

Ci si chiedeva quanto di quella prassi educativa sopravvivesse, nonostante le Riforme, nella scuola di oggi. E le nostre risposte non erano ottimistiche. Balzava però evidente una differenza tra gli allievi di ieri e di oggi. Noi, bimbi degli anni trenta e quaranta, entravamo nella scuola in possesso di un vissuto maturato attraverso un contatto continuo con la natura e l'ambiente. Avevamo conoscenze, linguaggi, regole di vita saldamente ancorati ad una precisa realtà ambientale, non ambigua, con riferimenti sicuri a fenomeni vissuti e sperimentati, possedevamo simboli forse ridotti perché adatti ad una realtà circoscritta, ma sicuramente condivisi e comunicabili.

La scuola che frequentavamo, pur con i limiti sopra denunciati, usava un linguaggio diverso dal nostro, ma con cui noi riuscivamo a confrontarci perché la genesi delle nostre conoscenze aveva la chiarezza dei significati radicati nell'esperienza.

È proprio l'esperienza del reale, inteso nella dimensione della concretezza, che manca ai bimbi di oggi; il loro linguaggio è spesso un "flatus vocis"; i significati non trovano un corrispondente nella realtà, negli oggetti, nei fenomeni. I nostri bimbi vivono in ambienti "virtuali" in cui il confine tra realtà e mass media è incerto. Walter amava parafrasare il detto biblico: " ...hanno piedi ma non sapranno camminare, orecchie ma non sapranno udire, occhi ma non sapranno vedere; le loro bocche non sapranno parlare..."

Il monitor è l'unica finestra aperta sul mondo. Spazi, tempi, causalità si appiattiscono e si annullano in un rettangolo bidimensionale. La manipolazione delle immagini si sostituisce al naturale ritmo delle esperienze dirette.

Gli infiniti stimoli, spesso ambigui e contrapposti, generano assuefazione ed interessi effimeri e momentanei. La capacità di concentrazione si riduce a brevi istanti e si scioglie in atteggiamenti ipercinetici. Spesso si traduce in una continua ricerca di stimoli nuovi, orientata verso i troppi prodotti del nostro consumismo.

Immane il compito che spetta alla scuola e alle famiglie per tentare una alternativa educativa a questo stato di cose. Si tratta di impostare una didattica che, in una parola, avvicini i bambini alla vita. Si tratta di rifondare un linguaggio fatto di significati univoci, radicato saldamente nella concretezza delle cose e delle situazioni. Occorre che le famiglie ci siano vicine e ci capiscano. Si impone una capillare opera di formazione in servizio di tutto il personale della scuola, unito a forme di revisione dello stato giuridico del personale stesso.

Di tutto ciò si fa un gran parlare, ma, in occasione dei rinnovi contrattuali, alle forze politiche e sindacali fa comodo barattare i pochi aumenti economici con una sostanziale conservazione dello status quo. Questi, o all'incirca questi, alcuni nostri ragionamenti mentre, a piedi, raggiungevamo un antico castello o un'abbazia lontana sull'orizzonte dei colli.

A piedi,mentre Walter ripeteva un pensiero di Rousseau: "... conosco un sol modo migliore dell'andare a cavallo, l'andare a piedi...".

Gianluigi Camera

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Nota

Walter Ferrarotti è stato per lunghi anni Direttore Centrale dei Servizi educativi della Città di Torino. A lui risale, tra l'altro, la progettazione e la realizzazione dei "Centri di documentazione" vere fucine di formazione dei docenti e di rinnovamento della didattica delle scuole dell'infanzia della nostra città. Recentemente Legambiente ha assegnato a Torino il 1° posto nella classifica "Ecosistema bambini". A questo risultato ha certamente contribuito la solerte opera di riqualificazione delle scuole profusa, nel tempo, dal suo impegno. Ha promosso fortemente la formazione professionale dei docenti, assumendosi, in prima persona, l'opera capillare di aggiornamento che ha svolto per decenni oltre i confini della città,a livello nazionale ed europeo. Dopo il pensionamento, per oltre un decennio, ha diretto l'Istituto Scolastico Superiore Flora, assumendo un forte ruolo di formazione umana e culturale dei docenti e degli allievi, formazione legata all'esperienza ed ai valori della vita. Ha ricoperto, sino alla sua scomparsa, il ruolo di Responsabile della Formazione presso la F.I.S.M.(Federazione Italiana Scuole Materne). Ripetutamente incaricato di Corsi universitari, ha insegnato presso la Facoltà di Medicina, presso la S.I.S. (Scuola Interateneo di Specializzazione) per docenti. Avrebbe dovuto ricoprire, nella prossima primavera, un incarico di Didattica presso la Facoltà di Scienze della Formazione. È stato stroncato nel pieno della sua attività culturale, in uno stato di totale integrità psico fisica. Più volte mi aveva confessato di non temere la morte, ma il lento, inesorabile decadimento del corpo e dello spirito.

G.C.