Costruire significatività nella scuola

di Laura Emanuel

La scuola è il luogo dove può orientarsi e maturare la significatività del divenire cittadino, è il luogo in cui possono confluire e declinarsi culture differenti superando stereotipi e pregiudizi. La scuola può essere un ambiente in cui costruire cittadinanza, ma richiede un grande cambiamento culturale e metodologico, prima di tutto nella formazione e nella valutazione degli insegnanti. L’insegnante dovrà operare secondo principi di responsabilità sociale, di equità e rispetto della diversità, di interculturalità e pari opportunità. Tale dovere deve essere oggetto di osservazione e valutazione da parte di coloro che concorrono agli stessi principi e obiettivi, ovvero tutta la comunità educante.

La scuola è chiamata a formare cittadini senza confini, cittadini del mondo, capaci di esigere per sé e per gli altri lo stesso diritto, capaci di affrontare difficoltà con consapevolezza e responsabilità. Il bilancio degli esiti dei processi attivati passa per il bilancio della qualità delle relazioni, delle possibilità offerte, delle prospettive di ricerca indagate, della qualità di senso prodotta. In un mondo globalmente interconnesso la scuola è chiamata a formare cittadini consapevoli e responsabili, in grado di comunicare in modo efficace con popoli di altre culture e capire e rispettare culture e filosofie diverse dalle loro. Educare alla cittadinanza attiva significa accompagnare l’alunno nel suo processo di identificazione in relazione agli altri diversi da sé, nel suo prendere forma di cittadino, libero, responsabile, attivo e consapevole. Tutto ciò non potrà avvenire se le professionalità che operano nella scuola non adotteranno comportamenti e metodologie volti a favorire questo processo, ovvero divenendo essi stessi modelli di cittadinanza responsabile e inclusiva.

In relazione al mondo del lavoro la scuola dovrà formare abilità e competenze capaci di gestire complessità, risolvere problemi in modo collaborativo, fondare le conoscenze su un pensiero critico. Uno degli obiettivi principali del programma PISA è quello di aiutare i sistemi educativi europei a comprendere l’importanza di tale ruolo e trasmetterla alle nuove generazioni1. In questa direzione la legge 107 ci affida un modello di scuola orientata alla ricerca “una scuola aperta, quale laboratorio permanente di ricerca, sperimentazione ed innovazione didattica, una scuola orientata verso l’educazione alla cittadinanza attiva, per garantire il diritto allo studio, le pari opportunità di successo formativo e di istruzione permanente dei cittadini” (comma 1 legge 107/2015). ll laboratorio evoca uno spazio di sperimentazione comune, uno spazio dove ricerca, proposta e risposta aprono l’orizzonte a nuovi interrogativi, a nuovi approfondimenti attraverso relazioni che diventano strategiche e funzionali alla conoscenza. La scuola può divenire un laboratorio di cittadinanza nella misura in cui promuove una sperimentazione fatta di condivisione delle conoscenze e delle esperienze, di rispetto, di dialogo, di impegno, di responsabilità e cooperazione.
Ma cosa chiede questo modello alla funzione docente? Cosa significa per il docente partecipare ad un processo di costruzione di significati in un ambiente di apprendimento dove la conoscenza non è data, dove la relazione è oggetto di cura e strumento didattico? Cosa significa per la scuola educare alla cittadinanza?

L’educazione alla cittadinanza richiede prima di tutto agli insegnanti competenze relazionali e interculturali, approcci di sistema con molteplici ambienti di apprendimento, che altro non sono che ambienti di vita e di relazioni degli studenti. L’ambiente di apprendimento è il luogo privilegiato dove aver cura dello sguardo, della curiosità sensibile, dove l’altro si conosce e si riconosce nella sua specificità. Solo così diventa possibile intuirne capacità e potenzialità a partire dalle quali intravedere cammini evolutivi.

Favorire la comunicazione e la relazione tra ambienti culturali diversi e complessi permette a chi abita la scuola di costruire solide competenze di base. Una celebre espressione di Bowlby può essere molto utile a capire quanto l’escursione fuori da sé possa permettere di sviluppare sicurezza e nuove conoscenze, in una relazione sicura e fiduciosa con le figure di riferimento: “Tutti noi, dalla nascita alla morte siamo al massimo della felicità quando la nostra vita è organizzata come una serie di escursioni,

lunghe o brevi, dalla base sicura fornita dalle nostre figure di attaccamento” (John Bowlby).

L’insegnante è una figura molto significativa per lo studente la cui relazione inciderà qualitativamente sulla possibilità di acquisire nuove conoscenze e competenze. La relazione in classe è il filo sottile capace di costruire nuovi modelli di cittadinanza responsabile ma pochi insegnanti ne sono consapevoli. Tuttavia si osservano spesso comportamenti dissociativi e relazioni negative sintomi di un ambiente in cui non si sta bene. Là dove la scuola non è in grado di coniugare relazione educativa e relazione di cura, di garantire pari opportunità per tutti, di rendere possibile ricerca e scoperta, di garantire figure educative presenti e affidabili, i comportamenti saranno ambivalenti, aggressivi, di sfida e di diffidenza reciproca.
Ma quali possono essere metodologie e strumenti utili a creare un ambiente di ricerca, un ambiente di scoperta e stupore, di domande e sperimentazioni possibili? Entrando in una classe il primo indicatore di qualità e di responsabilità sociale si osserva nella disposizione dei banchi e della cattedra, nel disordine scomposto, negli oggetti che abitano l’aula (una campanella sulla cattedra per richiamare e zittire), negli strumenti di lavoro, nei lavori autoprodotti alle pareti. L’aula parla anche se deserta. L’aula accoglie e trasmette valori di equità e possibilità oppure nega la comunicazione e la relazione. Gli strumenti sono funzionali alla ricerca comune oppure disegnano il carattere individualistico e univoco della trasmissione di contenuti già preconfezionati.

Una scuola capace di promuovere le domande, capace di generare ricerca, incontro, pensiero, capace di gestire la divergenza come strategia di crescita comune, di sopportare la perdita di certezze, di punti di riferimento, di riscoprire la propria identità nell’incompiutezza, nella possibilità offerta a identità differenti, permetterà a chi la abita di divenire cittadino del mondo. La cittadinanza è il frutto di un divenire insieme parte di un contesto di cui insieme ci prendiamo cura; non può essere delegata ad un unico contenitore ma deve essere azione sinergica tra modelli educativi diversi che entrano in relazione con ragazzi. La Scuola deve smettere di avere paura, deve abbassare le difese e guardare fuori con lo sguardo di chi cerca il confronto con altri interlocutori; osservare i drappelli di genitori fuori dai cancelli della scuola, ci dice quanto alta possa essere la diffidenza fino a diventare invadenza. Come le scuole coinvolgono gli alunni, i genitori? Con quali pregiudizi i diversi attori si misurano nella Scuola? Come interagiscono nella ricerca comune di una identità capace di promuovere sviluppo? L’educazione alla cittadinanza non coinvolge soltanto la scuola e non può essere confinata entro le mura scolastiche. Il processo che porta alla formazione di un individuo avviene in un insieme di relazioni che costituiscono la comunità di appartenenza, nel quale l’individuo costruisce la propria identità. Il prendere forma è un processo che coinvolge la co-responsabilità del soggetto e dell’ambiente che lo circonda. Il senso di cittadinanza si sviluppa attraverso un insieme complesso di diritti e doveri riconducibili ad una comune appartenenza riconosciuta e condivisa. Tuttavia la comunità di appartenenza è un ambiente complesso in cui interagiscono diversi attori quali la famiglia, la scuola, la squadra sportiva, la città, il territorio, ed è a sua volta condizionata dalla struttura socio-economica, politica, a cui appartiene e con cui entra in relazione. Le relazioni determinano il cambiamento e il modo in cui ogni individuo si definisce in relazione con gli altri e con il mondo. La scuola è un contenitore di relazioni attraverso le quali insegnanti e studenti possono guardarsi dentro guardando fuori – attraverso l’auto-osservazione – che assume valore significante attraverso l’autodeterminazione e l’autoformazione. La ricerca di senso diventa l’orizzonte di una cittadinanza inclusiva fondata sul riconoscimento del valore delle culture altre e che si sviluppa sulla base di una pluralità di appartenenze a cui tendono i percorsi di tutti coloro che abitano la scuola, che la interrogano e la motivano.

Adottando un'espressione di K. Jaspers, Frankl definisce lo specifico dell'uomo come “l'essere che sempre si decide”. Tale definizione implica che l'uomo non è soltanto libertà dall'essere spinto, ma è anche responsabilità per cui e di fronte a cui si è liberi: "essere liberi da, per essere liberi per"3. L’Europa affida alla scuola il compito fondamentale di promuovere consapevolezza, soggettività, coscienza d’esistere, in un ambiente relazionale positivo dove attribuire significati all’esperienza ed elaborare nuove competenze, dove ritrovare il potere personale e soggettivo di incidere sulle proprie decisioni. La relazione educativa è lo strumento privilegiato di maturazione attraverso la responsabilità verso una cittadinanza consapevole. Solo l’atto responsabile può essere educabile, perché frutto di una scelta scaturita dalla riflessione e dal giudizio. La scoperta della propria libertà si accompagna sempre all’assunzione di responsabilità. Ogni atto intenzionale e sociale implica contemporaneamente libertà e responsabilità, in quanto si completano a vicenda. L’essere umano ha una coscienza soggettiva di esistere e di agire e la vita non è qualcosa che sta al difuori di lui, ma prende forma nel suo rapporto con gli altri e con il proprio essere al mondo. La scuola dovrà trasmettere quelle competenze di base e quelle conoscenze che preparino i giovani a partecipare alla vita della società contribuendo positivamente alla sua evoluzione4. La scuola e la formazione lungo tutto l’arco della vita assumono per insegnanti e studenti un carattere processuale, in cui il senso si manifesta e si scopre nel continuo definirsi del rapporto fra la persona e il sistema di valori cui fa riferimento. “Per l'uomo il futuro è il mondo dell'oggetto-meta che dirige e coordina le sue attività “5; il divenire persone capaci di atti liberi responsabili rappresenta la tensione umana verso il perseguimento della condizione adulta, ossia verso l’espansione della coscienza sociale, non come conformità, ma come responsabilità per il futuro dell’uomo.

L’atteggiamento di ricerca di senso diventa allora un autentico metodo per l’insegnante poiché sottrae all’indifferenza, al tecnicismo, alla dispersione nell’immediatezza delle emergenze e richiede di soffermarsi per spingersi al di là delle sicurezze che le programmazioni possono offrire. La prospettiva introdotta dalla Legge 107 esprime una scientificità basata sulla comprensione più che sulla spiegazione, sulla saggezza più che sul controllo. Non si tratterà più di interrogare l’alunno ma di interrogare l’esperienza di ognuno, di mettere a fuoco le tante domande che non hanno ancora una risposta, perché il senso dell’educare si costruisce in rapporto al tempo, allo spazio sociale in cui interagiscono i diversi ruoli, le diverse esistenze, in rapporto a tutto ciò che costantemente mette in discussione le certezze acquisite.

L’insegnante non può più permettersi di “stare sul testo”, di arroccarsi su contenuti disciplinari validati e granitici, ma deve condurre l’aula alla ricerca di significati differenti che coinvolgono la classe nel percorso formativo, che non si compie in un programma e non si esaurisce mai in modo definitivo. È l’istruzione in sé ad essere ricerca, processo mai compiuto, quindi atto creativo. Tuttavia la prospettiva educativa di Bateson come “apprendere ad apprendere” per imparare a “vedere”, cioè ad intenzionare l’evento educativo, è ancora lontana dall’essere condivisa dagli insegnanti. L’ansia di certezze induce sempre più al consumo frenetico di teorie o di tecniche metodologico-didattiche. Una formazione fatta di definizioni forti e certe, di prescrizioni e di percorsi rigidi, rappresenta la negazione dell’atteggiamento di ricerca che passa dall’ascolto e dal mettere in discussione i luoghi comuni e i pregiudizi, per arrivare alla comprensione dell’altro e dell’intenzionalità educativa. La ricerca di senso implica un atto personale, dunque intenzionale. La perdita di certezze, la perdita di punti di riferimento, può essere il primo passo verso la consapevolezza del proprio essere incompiuto, della possibilità di divenire6 prendendo forma di cittadino. L’insegnante non può arrendersi alla contingenza, all’immediatezza che lo priva di orizzonti, di possibilità, di motivazioni, non può più permettersi di ripetere contenuti consolidati nel tempo, scanditi nel calendario scolastico, consumandoli affannosamente, istante per istante, in modo distratto e assente, incapace di speranza e di attesa, negando agli studenti e negandosi ogni senso al tempo e al futuro. Comprendere la ragione del proprio operare si declina in significati differenti e si traduce in un percorso di ricerca che coinvolge l’intera classe, che non si compie e non si esaurisce mai in modo definitivo.