Navigare a vista

Ogni vicenda umana è caratterizzata dall’equilibrio instabile di almeno tre variabili: quella dei principi generali, patrimonio del gruppo sociale e delle coscienze individuali; quella dell’organizzazione e della pianificazione; quella, infine, dell’agire concreto: qui ed ora.

Così è per la Scuola. Accanto alle norme generali e comuni a tutte le comunità scolastiche c’è l’aspetto organizzativo di ogni realtà, dentro cui si colloca il protagonismo dei docenti singoli o del gruppo. Si tratta di tre sfere distinte, di pari valore, interagenti tra di loro al fine di garantire una sinergia funzionale alle necessità educative. Solo dall’equilibrio tra le tre diverse specificità scaturisce un fruttuoso successo delle azioni intraprese. Ove l’equilibrio venga meno ed uno dei piani entri in crisi, può nascere uno scenario di crisi foriero di più avanzati equilibri o, in taluni casi, di un persistente stato di disagio.

La Scuola, da alcuni anni, sta attraversando uno di questi periodi. Due Riforme si sono succedute nell’ultimo quinquennio. La prima bloccata ad un passo dalla sua messa in opera. La seconda, faticosamente approvata a tappe forzate, non condivisa dalla base, anticipata con forme sperimentali proposte dall’alto. Infine un cambio di regia derivante dalle ultime elezioni politiche. Al Ministero ci si rende conto che non è pensabile intraprendere l’iter avventuroso di una terza Riforma. La nota metafora del cacciavite cerca di anestetizzare i segmenti più stridenti della decretazione secondaria dell’ultima Riforma, quelli legittimamente modificabili; per gli altri, si vedrà…

Inutile dire che questa fase di lenti assestamenti avrà tempi non brevi: quest’anno è stato dichiarato “anno ponte” ; ma durerà solo un anno?

Dal Ministero partono segnali che tentano di dare sicurezze. Dico tutto ciò non per fare del facile disfattismo, ma per delineare realisticamente il quadro della situazione. La scuola ha la sensazione di non poter disporre di punti fermi di riferimento, di navigare a vista tra la nebbia che vela un orizzonte incerto. Il pericolo di una deriva verso soluzioni di routine è sempre più presente, mentre le statistiche OCSE vedono l’Italia collocarsi su posizioni di retroguardia. Nascono tra i docenti stati di frustrazione, di fuga, di demotivazione, si acuiscono le differenze tra scuola e scuola, tra sezione e sezione.

I principali nodi di crisi riguardano innanzitutto, come si è visto, i piani generali di riferimento:

* la presenza di Indicazioni Nazionali, base della progettazione, considerate provvisorie, ma pur sempre presenti, in attesa delle modifiche che il Ministero vorrà apporvi. Entro quali tempi? Verso quale direzione? Se le indicazioni sono state pensate come funzionali ai piani personali di apprendimento possono essere indifferentemente utilizzate per la rivisitata progettazione curricolare?;
* il rapporto tra progettazione curriculare e piani personalizzati di apprendimento. Tra individualizzazione e personalizzazione; – la progettazione per obiettivi o per competenze;
* la valutazione dopo il superamento del “portfolio” non abolito, ma lasciato alla discrezionalità dei collegi;
* la fissazione della quota del 20% dell’orario lasciato alla programmazione delle scuole;
* la cronica carenza dei fondi di Istituto; e l’elenco potrebbe continuare…

Questi e altri interrogativi e dubbi hanno attraversato i Collegi al rientro settembrino. Molte e differenziate le risposte. In parecchi casi hanno diviso e contrapposto gruppi di docenti. I dirigenti hanno vissuto momenti di dubbio e di sconforto. In alcuni casi (molti?) si sono coagulati atteggiamenti di sconforto e di frustrazione, di ripiegamento sulla routine più retriva.

Questo esercito di docenti, questa costellazione di scuole ha bisogno di certezze, di coraggio; ha necessità di riconquistare il gusto e la passione per il proprio lavoro. Dalle pagine di questa antica Rivista che ha attraversato un secolo di vita scolastica, sia permesso ad un vecchio direttore didattico di suggerire, sommessamente, paternalisticamente, alcuni spunti che potrebbero fornire ai docenti, con tutti i benefici di inventario, occasioni di riflessione e di presa di coscienza. Il discorso è rivolto alla base, mentre le carenze, come si è visto, sono soprattutto, ma non solo, a livello delle strategie di vertice. Hanno dunque questi spunti un valore palliativo, ma non troppo e non solo.

L’Autonomia scolastica non è un fine da raggiungere ma uno strumento che già ci è dato e che permette di muoverci con creatività proprio quando gli orizzonti sono incerti. Autonomia non significa anarchia o autoreferenzialità ma diritto/ dovere di scegliere e di progettare in vista degli interessi degli alunni. Soprattutto ai momenti di incertezza e di dubbio non deve seguire lo scoramento, ma una rinnovata presa di coscienza della delicatezza, dell’importanza,della fondamentalità della professione. Le Riforme passano, gli alunni restano, sono una presenza ineludibile: qui e ora. Quel che non ricevono oggi lo perderanno per sempre.

La professionalità docente non può mutare ad ogni soffio di Riforma, è una crescita sul piano umano, culturale, sociale, deontologico. È essenziale che sia una crescita continua, non un quieto adagiarsi sul pregresso con l’alibi che mancano le direttive dall’alto. E la crescita non avviene nel vuoto ma esige formazione ed interazione continua coi colleghi.

Le ore “non di cattedra”dedicate alle attività funzionali all’insegnamento sono fondamentali.

Le compresenze, laddove ci sono, non sono tempi burocratici, ma occasioni di interazione con gli alunni: singolarmente, in gruppo, in laboratorio, per classi aperte.

La scuola ha come traguardo cognitivo la simbolizzazione e la concettualizzazione a partire dai dati di realtà esperita sotto ogni suo aspetto: fisico, storico, artistico… È indispensabile tenere presente questo ineludibile punto di partenza. La cultura libresca, l’enfasi informatica, l’ubriacatura massmediatica ci costringono in un universo virtuale che finisce col ridurre fino ad annullare il rapporto con la realtà.

Le carenze di fondi, la scarsità dei sussidi, la miopia con cui a volte sono gestiti i fondi dei bilanci di Istituto sono fatti reali, incidenti sugli esiti formativi, ma nella scuola, come in ogni attività, il valore del fattore umano, la qualità della prestazione professionale è di gran lunga la variabile più significativa.

La “relazione educativa”, il rapporto docente /alunno resta lo zoccolo duro ed emblematico del fare scuola. In essa l’aspetto didattico, sociale, artistico, affettivo trova la sua sintesi e la sua manifestazione.

I dirigenti scolastici siano più scolastici e meno dirigenti, più leader pedagogici che manager. Sappiano ascoltare e consigliare, ascoltare e stimolare.

Il marinaio, quando gli scogli insidiano la navigazione, raddoppia l’energia e l’impegno, si affida al suo sesto senso e naviga a vista. Riusciremo noi a condurre in porto la nave della scuola?

Gianluigi Camera