di Gianluigi Camera
“Le linee di indirizzo” che il Premier Renzi ha annunciato all'inizio di settembre, ove dovessero realmente concretizzarsi e non ridursi ad una sterile elencazione di buoni propositi, rappresenterebbero un unicum nel panorama riformatore degli ultimi anni, caratterizzati da innovazioni come occasioni di risparmio.
Innanzitutto per la vastità dell'orizzonte contemplato: dall'assunzione dei precari alla costituzione di un organico funzionale all'offerta formativa di ogni istituto, dal piano di formazione obbligatoria del personale scolastico alla progressione di carriera per merito fino al potenziamento di alcune discipline trascurate (Storia dell'arte, Educazione musicale, Informatica, Inglese). Positiva risulta essere la forma di consultazione on-line che ha coinvolto scuole, associazioni, famiglie, alunni e cittadini. Sarà in grado il Ministero di gestire l'enorme massa di contributi? Restano inoltre alcuni dubbi circa i tempi di formalizzazione di una riforma di tale portata e circa i risvolti economici ad essa sottesi. Ci auguriamo che i dubbi si trasformino in realtà e che si superino le difficoltà attuative.
Vediamo ora di esaminare un aspetto, forse il più delicato e innovativo di tutto l'impianto riformatore: gli avanzamenti di carriera del personale docente attraverso il merito e non più per sola anzianità. Non voglio entrare nei particolari della complessa procedura. Voglio esaminare il principio che ne sta alla base, partendo dalla constatazione che, attualmente, tutti i docenti godono, a parità di anzianità di servizio, della stessa retribuzione. E ciò indipendentemente dalla qualità della prestazione professionale, dalla motivazione, dall'assiduità lavorativa, dalla propensione alla formazione in servizio. Non era così un tempo, negli anni cinquanta e sessanta, quando, attraverso prove selettive volontarie per esami o per soli titoli si consentiva di anticipare, fino ad un massimo di tre anni, il passaggio da una classe retributiva alla successiva. Per una serie di motivi, alcuni anche comprensibili come la scarsa congruità tra le prove selettive e la professionalità vissuta, le accelerazioni di carriera vennero meno e si ritornò alla palude dell'indistinto. Invano alcuni Contratti di Lavoro riaffermarono il principio: l'auspicio cadde nel vuoto.
Ecco, in estrema sintesi, il processo della progressione di carriera per merito:
• valutazione su tre aspetti squisitamente attinenti la funzione docente (qualità della competenza didattica, della propensione alla formazione in itinere, del contributo all'organizzazione della scuola;
• valutazione gestita dal Nucleo di Valutazione con la presenza di un docente Mentor appositamente selezionato;
• valutazione triennale, ciclicamente ripetibile, rivolta a selezionare un 66% di docenti a livello di Collegio a cui attribuire un riconoscimento mensile netto pari a 60 euro, triennalmente cumulabili fino a raggiungere, a fine carriera, 9.000 euro annui di incremento stipendiale.
Non sfuggono la delicatezza dell'operazione e le difficoltà a cui potrebbe andare incontro: dalle tensioni a livello di rapporti personali, ai dubbi circa l’operato dei valutatori, alla percentuale prestabilita di incentivati, troppo alta o troppo bassa a seconda delle realtà. Su questi aspetti la discussione è aperta. Resta un dato di fatto: l'attuale situazione di stagnazione va superata. Il preconcetto neo - idealistico secondo cui il rapporto educativo non sia valutabile, in un mondo in cui tutte le professioni sono valutate, è un nonsenso. Alunni, famiglie, colleghi non fanno che pronunciare giudizi di valore sull'operato degli insegnanti, talvolta anche fuori luogo, con scarsa conoscenza dei fatti e con ancora minore oggettività. Si tratta di superare queste forme di pseudo valutazione, di non far finta di nulla, accettandole tacitamente. Il fatto che per la prima volta ci si ponga intenzionalmente, da un punto di vista sistematico, ad osservare l'operatività di chi lavora nella scuola non può che essere accolto con attenzione. E se questa fosse una provocazione, varrebbe la pena di raccoglierla per trovare una soluzione che non rappresenti una difesa dello status quo.
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