Il metodo analogico intuitivo e problem solving

di Rossana Alessandria

In questo mio secondo contributo vorrei sottolineare come il metodo analogico si dimostri estremamente potente nel favorire l’apprendimento delle abilità di risoluzione dei problemi aritmetici, nel far sì che i bambini vedano nel problema una sfida cognitiva da affrontare con serenità ricercando strategie risolutive di tipo intuitivo.

La metodologia di Camillo Bortolato restringe la pratica dei problemi “verbali” che non si incontrano nella vita di tutti i giorni. Ribalta la tradizionale impostazione scolastica di approccio ai problemi, proponendo al bambino di servirsi della sua lavagna mentale sulla quale disegnare, cancellare, aggiungere, spostare, per arrivare solo successivamente al linguaggio verbale che costituisce la parte più difficile nella risoluzione dei problemi.1

Secondo l’autore, i buoni solutori non pensano al “tempio” della disciplina, non pensano all’algoritmo delle operazioni contrassegnate dai segni + - : x , formano immagini nella mente, vivono il film del problema perché sanno che per risolverlo ci vuole immaginazione. Prima si deve pensare alla situazione e solo alla fine scegliere le operazioni come fossero strumenti prodotti da altri per fare meno fatica.

Vedono le operazioni come in windows “copia” “taglia” e “incolla”

addizione è incolla

sottrazione è taglia

moltiplicazione è incolla tante volte

divisione è taglia tante volte

I cattivi solutori, al contrario, pensano solo alle operazioni, a quel linguaggio della matematica che si impara a scuola, ma che non ha nulla a che fare con la genialità che ci permette di immaginarci la soluzione.
La comprensione di un problema dipende molto dal testo e da come sono presentati i dati.

Con quale modalità iniziare?
Testo o immagine?

Nella quotidianità prima vediamo. Cogliamo il tutto con un unico sguardo, arriviamo all’essenziale nel tempo di un respiro.
La nostra attenzione si focalizza sull’immagine e non disperde le energie nella decodifica del testo, nel confronto di proposizioni semplici, subordinate, causali, ipotetiche…

L’immagine mentale è il livello più facile di comprensione del problema.

Le IMMAGINI sono il PUNTO DI PARTENZA

Il TESTO VERBALE è il PUNTO DI ARRIVO

Nella comprensione di un problema grande importanza riveste il ruolo dei QUANTIFICATORI LOGICI, parole apparentemente semplici che sottendono uso di convenzioni e di una pratica che non necessariamente i bambini hanno.
Lo sviluppo delle competenze del bambino sarà quindi direttamente interconnesso alla dimestichezza che avrà acquisito con queste parole chiave:

:: TUTTI
:: UNO
:: CIASCUNO

Ognuno di questi termini dà luogo ad un’operazione di raggruppamento diversa.

Il termine CIASCUNO in particolare si presta a generare confusione e difficoltà poiché ha in sé i significati opposti di UNO e di TUTTI.

Ciascuna lampadina infatti significa TUTTE le lampadine ma considerate UNA alla volta.

Come se non bastasse il termine CIASCUNO può essere sostituito da moltissimi sinonimi:
:: “OGNUNO” oppure “AL PEZZO”
:: “L’UNO” oppure “A TESTA”
:: “UNITARIO” oppure “A LAMPADINA”

Inoltre quando i quantificatori CIASCUNO e TUTTO sono assenti è convenzionalmente ritenuto sottointeso l’indicatore TUTTO perché è concettualmente più facile, dato esperienziale che il bambino non possiede.
Come procedere allora?

Affrontare i problemi con la predisposizione giusta, cioè con leggerezza, come un gioco, come se la matematica non esistesse.

Focalizzare l’attenzione sui problemi. È umano occuparsi di una cosa alla volta, è onesto riconoscere i propri limiti, quindi:
prima si fa il calcolo per il calcolo
poi si fanno problemi per i problemi (seconda parte dell’anno scolastico per le classi 1ª, 2ª, 3ª).
Lasciare libera la mente di procedere guidata dalla propria immaginazione, a volte anche per tentativi, altre per confronti, focalizzandosi sulle soluzioni intuitive più che su quelle procedurali.

Diminuire quindi i problemi verbali fatti di dati, operazioni, risposte strutturate e aumentare i problemi per immagini in cui il bambino sperimenta le proprie capacità risolutive senza il peso della “disciplina”, in modo libero, cercando dentro di sé la soluzione e non adattandosi al pensiero altrui. Incentivando così il pensiero divergente.

Per concludere vorrei segnalare la ricerca ‟Problem solving aritmetico: didattica tradizionale e analogica a confronto, Difficoltà di Apprendimento e Didattica Inclusiva”, vol. 1, n° 2, pp. 243-253, Mehrnoosh Z., Fusi S., La Barbera A., Restani E. (2013), svolta nell’anno scolastico 2012/2013, che ha coinvolto la mia all’epoca quinta come una delle due classi analogiche.
La ricerca aveva l’obiettivo di comprendere quali differenze vi siano tra la risoluzione di problemi presentati in una forma tradizionale e problemi presentati in forma analogica, e tra studenti che utilizzano all’interno della propria didattica quotidiana la prima metodologia (che definiremo gruppo tradizionale) e chi utilizza la seconda (gruppo analogico). A ogni partecipante alla ricerca è stato chiesto di svolgere quattro problemi presentati in forma tradizionale (tratti da libri di testo scolastici) e quattro problemi analogici, tratti dai materiali didattici del prof. Camillo Bortolato.

……I partecipanti alla ricerca sono 156 studenti suddivisi in un gruppo tradizionale (102 studenti dell’ultimo anno di scuola primaria e 18 studenti del primo anno di scuola secondaria di primo grado, provenienti da diverse scuole genovesi) e un gruppo analogico composto da 36 studenti dell’ultimo anno di una scuola primaria di Torino e una di Bassano Vicenza.
Mentre il primo gruppo ha da sempre utilizzato metodologie e libri di testo tradizionali, il secondo ha, fin dal primo anno scolastico, adottato il metodo analogico in tutte le sue componenti: per l’apprendimento del calcolo mentale e scritto, frazioni, numeri decimali, equivalenze, tabelline e problemi aritmetici.

I dati emersi dal gruppo tradizionale possono considerarsi allarmanti, in quanto il 58% dei partecipanti raggiunge una fascia di prestazione deficitaria, con una media di 3,7 problemi svolti correttamente su 8.
Le classi analogiche raggiungono, invece, una prestazione ottimale con una media di 7,4 problemi svolti correttamente su 8. Su 36 partecipanti totali, 30 si collocano nella fascia di criterio pienamente raggiunto (CPR) e 6 nella fascia di prestazione sufficiente (PS).

Nel complesso i partecipanti non presentano difficoltà nella codifica dei testi e, abituati a
lavorare per immagini, le utilizzano anche nei problemi tradizionali, costruendosi piccoli disegni con i quali visualizzare i dati verbali.

I dati emersi suggeriscono che le abilità di calcolo, pianificazione e comprensione del testo scritto, non abbiano ricoperto un ruolo determinante nel delineare una deficitaria risoluzione dei problemi. Sono abilità importanti perché coinvolte nel compito, ma sembrano non presentarsi come decisivi nel delineare una “cattiva” o una “buona” risoluzione.
Il risultato sembra assegnare alla didattica un importante ruolo nell’apprendimento delle abilità di risoluzione dei problemi aritmetici, visti i risultati nella soluzione dei problemi dei bambini che hanno seguito il metodo analogico rispetto al gruppo tradizionale.

Concludo con le belle parole del maestro Camillo, tratta dalla copertina del testo “La via del metodo analogico - Teoria dell’apprendimento intuitivo della matematica” -, Trento, Erickson, 2014.

“Solo quando ti commuovi, puoi sperare di capire un bambino. Ti indicherà lui la strada per salire la montagna della matematica.

Il Metodo analogico è infatti il percorso segreto con cui ciascuno di noi ha imparato la matematica, fatta di strategie nascoste per compensare i propri limiti”.