Editoriale

Il numero di dicembre del nostro notiziario associativo esce in un momento di svolta per l’Italia e (spero) per la scuola. Il governo è cambiato: si respira aria nuova, si vedono volti nuovi affacciarsi sulle poltrone di comando e si immaginano nuovi scenari all’orizzonte.

Quanto si respira sta lentamente muovendo l’attenzione verso le migliori aspettative, e mi sembra di poter guardare al bicchiere mezzo pieno contro il bicchiere mezzo vuoto (forse un po’ più di mezzo vuoto, per la verità) che sta portando la scuola verso il suo inesorabile fallimento.

I problemi li conosciamo molto bene e sono da tempo sotto gli occhi di tutti; difficile trovare un punto da cui partire per elencarli, ma, anche se in ordine sparso, è sicuramente il caso di rilevare i più vistosi per capire quale indirizzo prendere.

L’edilizia scolastica: scuole oramai vetuste, edifici zeppi di problemi urgenti. Ristrutturazioni che aspettano da anni, interventi di ordinaria manutenzione rimandati a data da destinarsi, continue chiusure per cedimenti o pericoli di vario genere. Non è più il momento delle attese: occorrono interventi decisi e tempestivi per rendere sicuri e accoglienti gli spazi ogni giorno frequentati da studenti e insegnanti. Non è più possibile pensare di fare lezione in aule sovraffollate, con muri scrostati, e laboratori poco efficienti per le poche risorse economiche disponibili.

L’organizzazione della scuola: il tempo e gli spazi sono un grande patrimonio di ogni scuola, la quale dovrebbe avere la libertà di organizzarli e gestirli per meglio programmare e svolgere le finalità educative e formative. Allora è doveroso garantire alle scuole un’autonomia reale, organizzativa ed economica, anche attraverso un numero di insegnanti e di spazi coerenti con le progettazioni pensate ed adeguate ad una specifica realtà. Ci preoccupiamo del risparmio, ma non di stimolare gli studenti togliendo alle scuole ogni forma di flessibilità e di possibilità laboratoriale.

Gli obiettivi formativi: le indicazioni per il curricolo, i nuovi programmi del 1985, il portfolio. Tanti, troppi cambiamenti in questi dieci anni di altalene fra un governo e l’altro. Quali gli obiettivi? Si parla di competenze, di curricoli, di personalizzazione dell’apprendimento e di individualizzazione nell’insegnamento, ma non appena si affaccia un nuovo ministro il panorama cambia con lui e, contemporaneamente, una gran confusione arriva nelle classi. Ripensare gli obiettivi della scuola partendo dal grande contesto culturale che caratterizza l’Italia, dal mondo che ci circonda, dalle realtà che viviamo quotidianamente e dal mondo del lavoro che i giovani dovranno affrontare, deve condurci a capire quali orientamenti formativi, pedagogici, educativi siano i migliori per il tempo presente. Ma non basta: bisogna poi lavorarci in modo coerente e organico negli anni per portarli a compimento e migliorarli.

Gli insegnanti: hanno dimostrato grande responsabilità e sopportazione, portando il peso dei tagli al personale e agli stipendi (anche attraverso il blocco dei contratti) e nel contempo cercando di fare tutto il possibile per garantire una scuola degna di educare e di formare. Anche in ambienti inadatti e fatiscenti, anche con tempi scuola inadeguati e in continua riduzione hanno organizzato attività e sono saliti in cattedra con autorevolezza e competenza. Gli stipendi tra i più bassi d’Europa, le modalità di lavoro difficili e stressanti stanno lentamente logorando la resilienza dimostrata in questi anni. Un’inversione di rotta verso una politica in grado di assicurare una progressiva, migliore gratificazione lavorativa e sociale non può più attendere.

Questo è il panorama, e può spaventare. Ma il nuovo Ministro è una persona che ha affrontato con successo tante sfide a livello educativo e, sicuramente, merita la fiducia di tutta la scuola per una svolta che sappia riportarla al centro della scena come merita.

Fabrizio Ferrari