Un inizio d'anno scoraggiante. Un primo settembre che vale la ripresa di una partita dopo un goal subito, dopo più goal subiti: arrendersi o reagire?
I tanti posti tagliati - 25.561 posti tagliati a livello nazionale tra tutti gli ordini di scuola, di cui 1639 in Piemonte - le gravi penalizzazioni per il personale della scuola dalla manovra finanziaria, le classi più numerose, i disabili meno protetti, gli interventi degli Enti Locali ridotti o annullati. Ma soprattutto i tanti tempi lunghi di 30 - 40 ore privi di compresenze e costruiti con scarse ore aggiuntive sottratte ai tempi pieni per soddisfare le sempre più numerose richieste delle famiglie.
Per chi osserva la scuola “dal di fuori”, ma col cuore di chi vi ha vissuto per circa mezzo secolo, si fa strada l'impressione che la scuola pubblica statale sia ad un passo al collasso.
A fronte di questo stato di cose, gli insegnanti, sull'altro piatto della bilancia, avvertono la forte presenza dei diritti degli alunni che sono, senza retorica, la nostra speranza di futuro, quel che di noi resterà tra qualche decennio.
La responsabilità di questa discrasia tra la esiguità dei mezzi a disposizione e il bisogno ineludibile di formazione è enorme, pesa sull'intera società, pesa soprattutto sulle scelte di politica scolastica di ieri e di oggi, pesa anche su ciascun collegio e su ciascun insegnante.
La tentazione di arrendersi è forte, è quella stessa che interroga i sopravvissuti ad un cataclisma naturale: gettare la spugna o lottare comunque.
Il dilemma non è retorico, a porcelo non è solo la voce della nostra coscienza sociale, è il bisogno nascosto ma reale della nuova generazione che si affaccia alla vita.
Qualcuno potrebbe pensare che questo dilemma possa costituire un ricatto: tirare avanti, nonostante tutto, in nome di un impegno sociale.
E di ricatto forse si tratta, ma la posta in gioco è così alta e preziosa che vale la pena di correre il rischio, di essere fraintesi, di essere oggetto di sopruso da parte dei veri responsabili di questa situazione.
Ma continuare a servire la società e i diritti dei minori non significa tacere e accettare.
Occorre tenere ferma la condanna, con ogni mezzo lecito, dello stato di malessere in cui versa oggi la scuola.
Le vie sindacali e politiche, la denuncia, la testimonianza, la documentazione, il giornalismo sono canali di cui possiamo oggi disporre. Il coinvolgimento dei genitori e delle forze sociali non deve cessare affinché la denuncia degli attacchi alla scuola, dopo le prime alzate di scudi, non si affievolisca e si tramuti in una tacita sofferta accettazione dell'esistente.
Ma intanto la vita continua. L'appello non di maniera, all'inizio di un nuovo anno, è quello di continuare a dare il meglio del nostro impegno professionale.
La reale contraddizione tra la muta richiesta degli alunni e le sempre più fragili disponibilità di risorse umane e strumentali si scioglie a fronte della nostra responsabilità sociale e culturale, ineludibile, urgente, indispensabile.
Dunque denuncia e lotta fuori della scuola, ma professionalità all'interno dell'aula.
La credibilità della scuola pubblica statale, mai come oggi minacciata da una politica miope, imprevidente, insensibile alle grandi priorità si salva, almeno per quel che riguarda il risvolto che ci compete, con la difesa dell'immagine della nostra professionalità.
In passato, forse - è inutile tacerlo - alcuni abusi sono stati perpetrati all'interno del nostro lavoro, da parte di minoranze certamente, ma tali da gettare diffidenza sul nostro impegno: compresenze destinate ad altre attività in luogo del servizio da garantire in presenza degli alunni, moduli schiacciati al mattino senza rientri pomeridiani, ore di lezione abbreviate nel superiore e minuti non recuperati dai docenti, scarsa disponibilità all'aggiornamento vissuto come diritto e non sempre come dovere insostituibile, svogliato impegno verso gli Organi collegiali.
Ora che questi strumenti ci sono stati in gran parte tolti, ci si rende conto di quale importanza rivestissero queste opportunità.
Dobbiamo ridimostrarne la validità utilizzandone a fondo e bene le parti restanti di cui ancora disponiamo.
Una persona di scuola, al termine di una difficile conversazione con un gruppo di addetti ai lavori in crisi per l'attuale stato delle cose, fece ricorso all'apologo del violinista a cui, nel corso di un importante concerto si spezzò una corda del violino: l'artista non smise di suonare, ma la sua geniale creatività gli permise di continuare l'esecuzione utilizzando le corde rimaste. Prontamente però qualcuno fece presente alla ottimista, coraggiosa relatrice come, finito il concerto, il bravo violinista abbia certamente provveduto a ripristinare l'integrità del suo strumento.
Con questa immagine vorrei chiudere il mio augurio per l'anno che comincia: lottiamo perché il nostro strumento scuola abbia tutte le corde di cui ha bisogno, ma intanto usiamo il nostro coraggio e la nostra creatività. Buon anno.
Gianluigi Camera
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