Appunti sulla scuola in Messico

Il Messico è una nazione con gravi problemi sociali, legati ai divari tra ricchi e poveri e ad una aggressiva criminalità, ma anche con grandi potenzialità. Si tratta di una nazione molto giovane ed è per questo che la questione scolastica assume un rilievo strategico fondamentale per il futuro.

Se il paese investe di più e meglio nell’istruzione, il futuro sarà di prosperità e progresso. Hanno capito meglio questo una parte degli emigranti negli Usa: poveri e semianalfabeti, appena possono, molti di loro fanno studiare i figli, ad esempio da avvocato o nel settore finanziario.

Questi appunti non vogliono essere un quadro complessivo della scuola in questo sterminato paese, ma alcuni flash, raccolti nel corso di un recente viaggio, realizzato fuori dai percorsi turistici, grazie alla grande ospitalità delle persone, potendo così vivere la vita quotidiana, senza filtri.

Appena si arriva, l’immagine che colpisce immediatamente è quella degli studenti che vanno a scuola con le loro divise. Ogni istituto ha un colore differente; c’è molta vivacità e allegria... Ma al di là degli aspetti esteriori, ci siamo imbattuti in una serie di situazioni che ci hanno fatto capire quanto la situazione scolastica sia centrale.

A Cuernavaca (stato di Morelos), nella piazza centrale (zocalo), sotto un enorme tendone, centinaia di persone divise in gruppi di studio, passano il sabato a discutere su come migliorare la qualità della scuola. I bimbi partecipano ad atelier di pittura. Una orchestrina di “mariachi” improvvisa un concerto. A pranzo c’è una mensa popolare a prezzi bassissimi.

A Mexico City siamo accompagnati da una professoressa nostra ospite a visitare la Ciudad Universitaria. Qui studiano e lavorano centinaia di migliaia di persone! È una vera e propria città. Alle 22 si respira ancora un’atmosfera quasi febbrile. C’è curiosità verso gli ospiti italiani. Siamo presentati al Rettore. Manifesti alle pareti comunicano parole d’ordine di lotta. Dappertutto ci sono murales con chiari messaggi politici.

A migliaia di chilometri di distanza, in Chiapas, sotto la pioggia, di mattina, i bimbi si avviano verso la scuola del villaggio: le bimbe più grandi tengono per mano i fratellini più piccoli, ancora assonnati. Almeno lì saranno al riparo e all’asciutto!

Nel pomeriggio, sulla scalinata che porta ad una chiesa, ci ferma una bimba di 10 anni che ci chiede “De donde?” “Italia!” E la bimba allora parlando in italiano: “Italia. Capitale Roma. Campione del mondo di calcio. Grazie per la donazione”.

Poco distante, la domenica pomeriggio, nel villaggio della minoranza tzotzil di San Juan Chamula, conosciamo la maestra del paese. La situazione dell’incontro è drammatica. C’è un funerale in corso, e chiediamo ad una signora di che si tratta: lei è la maestra del villaggio e il morto è un giovane suo ex allievo, La causa è il troppo bere, una piaga grave qui, che provoca anche violenza contro le donne entro le mura domestiche. Il funerale è carico di tensione e c’è una rissa tra due gruppi. La maestra ci spiega che qui l’insegnamento è bilingue, accanto allo spagnolo c’è la antichissima lingua locale, che per lo più è usata a livello orale. Però il villaggio è povero (a parte i “cacicchi” della politica e degli affari) e la prospettiva più concreta è quella della emigrazione.

Con la crisi tutto è più complicato. Però la gente in Messico è abituata alle situazioni difficili e tutti si danno da fare.

Per chi vuole approfondire su Internet: www.easyexpat.com/it/messico/scuola/sistema-educativo.htm

Bruno Manfredi