Fervono in questi giorni le ricerche e le attese nelle scuole medie e superiori rispetto ai nuovi scenari che l’approvazione dei Regolamenti della Scuola Secondaria di II Grado propone per i prossimi anni. È difficile capire ancora come saranno definite tutte le scuole rispetto ai nuovi indirizzi, per ora accolti dalla regione Piemonte ma sotto condizione perché non si conoscono le indicazioni sugli organici e quindi le risorse che si avranno a disposizione (probabilmente ai primi di aprile).
Le pagine web di MIUR, Provincia e Regione offrono alle famiglie e a tutti gli operatori il quadro delle confluenze automatiche, espressione tecnica per definire la nuova veste di ogni istituto dopo l’applicazione dei regolamenti. Si parla di regolamenti perché sono tre, uno per area: Licei, Tecnici e Professionali.
I tre atti legislativi, le loro conseguenze e quindi il nuovo ordinamento delle scuole superiori (aree, settori, indirizzi, opzioni, orari, curricoli e profili di uscita) sono complessi, quantitativamente corposi e richiedono una valutazione analitica approfondita anche per evitare facile conclusioni demagogiche. Di seguito si tenta un’informazione sugli aspetti essenziali:
il regolamento dei Licei suddivide i tipi: Artistico (6 indirizzi), Classico, Linguistico, Musicale e Coreutico, Scientifico, Scienze Applicate e Scienze Umane.
I Tecnici si articolano in due settori - Economico e Tecnologico che a loro volta si articolano rispettivamente in 2 e 9 indirizzi. Stesso discorso vale per i Professionali: due settori – Servizi; Industria e Artigianato - con 4 indirizzi nel primo e 2 nel secondo. Alcuni licei e indirizzi prevedono una particolare specializzazione attraverso una curvatura, detta opzione, degli insegnamenti prevista dall’Ente Locale in fase di stesura del Piano dell’Offerta Formativa Territoriale. Fra Tecnici e Professionali c’è il tentativo di superare le sovrapposizioni oggi esistenti con la distinzione chiara delle due figure professionali in uscita: il diplomato dei Tecnici ha una preparazione più legata alla progettazione e al governo di un ciclo produttivo, il diplomato dei Professionali è orientato alla produzione aziendale. I Professionali, previa intesa con la Regione, potranno continuare con i corsi di qualifica triennale.
Tutti i percorsi sono statali, tutti i percorsi sono quinquennali e si articolano in un primo biennio - unitario ma non unico - orientativo o parzialmente orientativo, un secondo biennio con prevalenza degli insegnamenti d’indirizzo e un anno finale. La riduzione degli indirizzi è stata notevole, da un centinaio (tanti erano i titoli di studio possibili) a una quarantina circa. C’è anche da tener presente che il percorso è sperimentale per tre anni e questo è un elemento da considerare con grande attenzione perché può consentire correzioni in corso senza dover riprendere tutto da capo. Le prime classi del 2010/2011 saranno tutte all’interno del nuovo corso, ma anche le classi di prosecuzione - dalla II alla V - nei Tecnici e Professionali vedranno modificarsi la struttura oraria – meno 4 ore la settimana - pur mantenendo l’indirizzo precedente equi è stata fatta una riduzione frettolosa e non accuratamente meditata di discipline e attività. Il Governo non ha ascoltato i pareri delle Commissioni Parlamentari che chiedevano una riduzione di sole due ore. Questo dato avvalora la tesi che ci si trova dinanzi a interventi legislativi, mascherati con qualche opzione pedagogico-didattica, di semplice contenimento della spesa. Anche alcuni componenti delle Commissioni ministeriali che hanno lavorato alla stesura dei nuovi curricola hanno espresso il loro scontento circa il risultato finale del lavoro: unico obiettivo di tale operazione è il risparmio. I conti tornano a Tremonti ma probabilmente non torneranno alla scuola reale.
Questa nuova impostazione della scuola superiore farà crescere la qualità degli apprendimenti e dei saperi in uscita? Alcuni nodi critici sono: la riduzione dei curricoli sia nelle classi iniziali interessate dalla Riforma sia nelle classi di prosecuzione di tecnici e professionali; l’irrisolta frantumazione degli insegnamenti; la forte diminuzione delle discipline di indirizzo e soprattutto dei laboratori nei tecnici e professionali, oltre che delle compresenze, rendono incoerenti i profili d’uscita per l’impossibile acquisizione delle necessarie competenze specifiche; l’incoerenza tra i profili di uscita e le risorse che si mettono in campo. Altro elemento critico su cui anche il Consiglio di Stato ha chiesto chiarezza è la definizione del rapporto tra autonomia e flessibilità poiché i Regolamenti prevedono percentuali consistenti di modifica del curricolo per le necessarie articolazioni che rispondono a specificità territoriali.
La distribuzione delle iscrizioni del prossimo anno fornirà indubbiamente un primo dato di riflessione, il numero degli abbandoni in corso d’anno e gli esiti finali a giugno 2011 forniranno ulteriori elementi di riflessione per capire le scelte delle famiglie e come aggredire i nodi critici.
Sono sempre più convinto che i tempi della politica mal si adeguano a quelli della scuola: la lentezza e poi le accelerazioni improvvise a ridosso del tempo limite necessario per approntare i passaggi del nuovo anno scolastico azzerano la possibilità di stabilire con certezza se il feed-back informativo con le famiglie riporta dati significativi; le necessità e le scadenze elettorali “sconsigliano” a chi governa di assumere decisioni restrittive rispetto a una distribuzione ottimale delle risorse e “consigliano” ai contendenti le classiche promesse elettorali; la voglia di apparire innovativi a tutti i costi spegne discussioni importanti come quelle che invece andrebbero fatte in modo compiuto e non solo con bla-bla mass-mediatici: la certificata e crescente diminuzione degli apprendimenti alla fine del ciclo di studi, pur variegata tra regione e regione, gli abbandoni nei primi anni delle superiori inquietano sulle future capacità di sostentamento, assistenza e sviluppo della nostra società italiana, interrogano sulla qualità delle metodologie d’insegnamento e sulla distribuzione delle risorse. Per rispondere in modo positivo a queste sfide occorrerebbe un salto culturale, passare cioè dalla logica della contrapposizione per principio a quella della collaborazione nel rispetto delle sensibilità di parte, ma, per quel che si assiste in questi ultimi mesi, pare che il nostro paese sia ancora lontano da questa prospettiva e quindi un “in bocca al lupo”, tanta pazienza e capacità di argomentazione a tutti coloro che, da dentro e da fuori, cercano di far del bene alla scuola italiana.
Andrea Colombo
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